Mi hanno pubblicato un articolo sull‘ECO di Bonaria:
Durante il Medio Evo si diceva che le pitture delle Chiese e dei monasteri erano il Vangelo dei poveri e restiamo stupiti di tutta la bellezza che emanano, per esempio, i dipinti di Giotto nella Basilica di San Francesco ad Assisi.
Sì, perché allora pochi potevano accedere alla cultura scritta, in quanto le scuole non esistevano e solo la Chiesa, a un certo punto, ha pensato all’utilità di una alfabetizzazione per tutti, mentre lo stato è venuto solo dopo, anche in ordine di tempo.
Quel che rattrista oggi, al vedere quei dipinti carichi di significati ormai desueti nella cultura (o assenza di cultura) attuale, è non capire fino in fondo il simbolismo di certe scelte pittoriche che invece doveva essere ben conosciuto ai nostri antenati mentre guardavano, per esempio, “La presentazione di Maria al Tempio” di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova (episodio ricavato dai Vangeli apocrifi) e sapevano di che si trattava. Mentre noi, presuntuosi pseudo intellettuali del XXI secolo, crediamo di sapere e capire tutto.
Questo pensavo all’ascoltare piena di stupore le tre lezioni-meditazioni di Michele Ziccheddu, iconografo che gira per la Sardegna e in questi giorni era nella mia Parrocchia, a Settimo san Pietro. Mi ha conquistato il fatto a me pressoché sconosciuto che la cultura cristiana possiede dei tesori inesplorati di bellezza mozzafiato che può essere scoperta anche inoltrandosi nella comprensione delle icone sacre, che hanno avuto inizio con il Cristianesimo e che sono state patrimonio comune della Chiesa d’Occidente e d’Oriente prima dello scisma dell’XI secolo.
Il monaco Evagrio affermava che “solo lo stupore conosce” e assistendo alla “lettura” di tre icone del maestro Ziccheddu, la prima sull’”Ultima cena”, la seconda “La Crocifissione”, la terza, Il mistero del “Sabato santo”, devo dire che lo stupore è nato in me dal comprendere i significati simbolici di queste tre icone che richiamano brani biblici cari alla tradizione anche dell’Occidente e molte intuizioni dei mistici e dei santi del Cristianesimo orientale e occidentale. Lo stupore e la piena corrispondenza con il concetto di Bellezza come splendore del Vero (Veritatis Splendor) mi hanno spalancato alla comprensione di certi particolari per dipingere o riconoscere i quali occorre davvero tutta la sapienza della tradizione cristiana che è una fonte inesauribile di bellezza e gioia come Benedetto XVI ci ha continuamente testimoniato.
Pensavo infatti che ogni icona dovrebbe essere accompagnata da una chiave di lettura a parte perché ciascuno possa riflettere, meditare, adorare i Misteri del Nostro Dio che si è chinato sul nostro nulla per sottrarci al potere delle tenebre.
E’ davvero incredibile che ogni particolare dell’icona sia simbolico e richiami un mistero della nostra vita cristiana.
Impressionante per esempio è stata la descrizione dell’icona sul “Sabato santo” (che in Oriente è chiamato “Il grande Sabato”). Quel colore nero, simbolo degli inferi e del buio misterioso dei recessi della coscienza di ciascuno, dove comunque non manca qualche cenno di bianco a significare che per l’Autore della vita nemmeno le tenebre sono oscure e che Lui può vincerne il potere grazie alla grande vittoria sulla morte e sul male… quella presa potente di Cristo splendente nella risurrezione che trae saldamente dal regno degli inferi tutti i giusti che da millenni aspettavano il Salvatore promesso e prende con decisione irrevocabile per i polsi addirittura, i nostri progenitori, Adamo ed Eva, che simboleggiano tutta l’umanità… quegli occhi dell’ultimo grande profeta dell’Antico Testamento, del Precursore, San Giovanni Battista, che , unico ha lo sguardo rivolto vero l’amico Gesù, perché lui è l’amico dello Sposo e ogni cristiano è chiamato ad essere amico di Gesù…
Insomma una bellezza senza fine che introduce ad intuire la contemplazione dei santi. Quella contemplazione cui siamo chiamati anche noi. Quella contemplazione nella quale in questi giorni si riimmergerà Benedetto XVI per servire la Chiesa non solo come teologo, forse il più grande teologo dei nostri tempi, o come Sommo Pontefice, ma anche con la meditazione e la contemplazione che sono le espressioni del cuore dell’uomo che fermano l’ira del Creatore per lo scempio che l’uomo sta facendo della sua creazione.
Ed è proprio questa la bellezza senza fine che salverà il mondo.