Leggo nel contributo di Papa Francesco al V Convegno nazionale della Chiesa Italiana, Cattedrale Santa Maria del Fiore. Firenze, 10 novembre 2015:
“Dialogare non è negoziare.
Negoziare è cercare di ricavare la propria fetta della torta comune.
Non è questo che intendo. Ma è cercare il bene comune per tutti.
Discutere insieme, oserei dire arrabbiarsi insieme, pensare alle soluzioni migliori per tutti. Molte volte l’incontro si trova coinvolto nel conflitto. Nel dialogo si dà il conflitto: è logico e prevedibile che sia così .
E non dobbiamo temerlo ne’ ignorarlo ma accettarlo. “Accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo”(Evangelii Gaudium, 227)
Ma dobbiamo sempre ricordare che non esiste un umanesimo autentico che non contempli l’amore come vincolo tra gli esseri umani, sia esso di natura interpersonale, intima, sociale, politica o intellettuale. Su questo si fonda la necessità del dialogo e dell‘incontro per costruire insieme con gli altri la società civile.
Noi sappiamo che la migliore risposta alla conflittualità dell‘essere umano del celebre homo homini lupus di T. Hobbes è l’Ecce Homo di Gesù che non recrimina, ma accoglie e, pagando di persona, salva”
Questa descrizione del dialogo come “confronto che non esclude il conflitto che può essere risolto e trasformato in un anello di collegamento di un nuovo processo”, mi pare estremamente difficile , ma interessante. Ho bisogno di metabolizzarlo.