Attraverso l’esperienza della bellezza…

Il testo dell’articolo pubblicato sul settimanale diocesano:

Non più di un anno fa il parroco ci sorprese con una definizione quantomeno singolare: la Chiesa, e quindi la parrocchia, deve essere un cantiere sempre aperto e da queste righe ne avevo parlato, ma non sapevo in realtà cosa significasse concretamente. Ora, a distanza di pochi mesi ho compreso e visto. Perché la fede non è una speculazione o una dimostrazione matematica, ma è un avvenimento che ogni giorno si rinnova e ti raggiunge nei modi più impensati sorprendendoti con fatti o situazioni che puoi vedere e toccare con mano. E non ci si può fermare sullo stupore di un evento inatteso, perché il buon Dio ha subito un’altro fatto inaspettato e la vita di fede è una continua sorpresa. Ho dunque incominciato a capire il concetto di cantiere sempre aperto non solo per la continua sorpresa davanti alla varietà e bellezza delle esperienze che la nostra comunità sta vivendo da soli due anni, ma perché vedo i volti delle persone cambiati: una gioia, una operosità lieta e una disponibilità, mai viste prima, quando il parroco ci convoca per i più disparati servizi, indispensabili per un popolo in cammino come è quello degli abitanti di Settimo e una cordialità insospettata quando ci vediamo al di fuori della parrocchia. Anche i giovani che seguono il percorso instancabile di formazione offerto da don Elenio, sono stupiti perché non sapevano che la vita cristiana fosse così bella.

Un evento eccezionale per bellezza – ma noi passiamo di momento eccezionale in momento eccezionale (di luce in luce, direbbe san….) – è stato l’incontro con il Coro di Russia Cristiana: venti amici che ci hanno offerto  un concerto affascinante nel quale i canti della tradizione bizantino-slava completavano la bellezza delle icone più famose venerate nella liturgia orientale, adeguatamente spiegate nella loro simbologia. Alla fine del concerto, dopo un applauso lunghissimo, don Elenio, in un brevissimo intervento, ci ha detto: “Adesso capite perché sant’Agostino diceva che chi canta prega due volte?” e poi ha sottolineato quanto il canto sia essenziale per la vita di un popolo che vuole camminare, perché il canto è lode resa all’Autore della stessa bellezza, al Creatore di tutto.  E, quasi a confermare le sue parole, la Divina Liturgia del giorno dopo, domenica, è stata presentata da Tommaso che dall’ambone spiegava le varie fasi della liturgia, come il momento culmine del rapporto tra l’uomo e Dio, l’uomo solo e Dio solo, nel quale non può esserci spazio per strumenti musicali, ma solo la voce dell’uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio, che si rivolge al suo Creatore. Ecco perché tutta la liturgia era accompagnata da un dialogo stretto tra celebranti – importante il diacono d. Massimiliano – e il popolo, rappresentato dalla voce di un coro stavolta dolcissimo in cui, seppure c’erano più voci, l’armonia dell’unisono velava l’intenzione di preghiera che nasceva dal cuore. Non c’erano alti e bassi, ma una ripetizione soave che immergeva nel clima di preghiera una fittissima assemblea. Anna e Giuliano, che facevano parte del coro, spiegavano in seguito che tutta quell’armonia  che per noi, disabituati a celebrazioni bizantino-slave, era carica di mistero, era semplicemente il modo con cui loro pregano. E allora era inevitabile la acuta nostalgia di una preghiera che è canto perché l’innamorato vorrebbe solo cantare davanti all’innamorata. E Dio è per noi l’innamorato che mendica continuamente il nostro cuore spesso arido e muto.

Ed ecco come racconta l’esperienza Alfredo, uno dei coristi : “Un’esperienza bellissima! Trecento persone sono rimaste dalle 17.30 alle 20.30 di sabato in chiesa per il rosario, la Messa, l’attesa e poi il nostro concerto La Lode e La Grazia – con proiezione delle icone più famose e commento di Padre Scalfi – con standing ovation finale tra sguardi stupiti e lieti. I bambini buonissimi e, a modo loro, incantati. La Divina Liturgia della domenica mattina è stata di altrettanta soave bellezza, cui si sono aggiunte le splendide parole del nostro celebrante e del bravissimo parroco. È stata per noi una grande e intensa esperienza per la partecipazione della gente che ci ha mostrato la sua fede, guidata da un sacerdote veramente speciale, giovane e pieno di una “energia spirituale” che comunica ai tanti suoi collaboratori, catechisti e varie persone impegnate appassionatamente in parrocchia e in opere di carità. L’accoglienza veramente familiare che abbiamo avuto, calda come le belle giornate, ci ha fatto sentire a casa e per questo siamo pieni di gratitudine.”La verità si esprime nell’amore, e questo fiorisce nella bellezza”: è stato così, sia per quello che abbiamo comunicato sia per quello che abbiamo ricevuto. La frase è una delle più belle espressioni di Pavel Florenskij, un vero e proprio genio della filosofia, della matematica, della scienza e nel campo dell’arte, soprannominato il Leonardo del XX secolo; ucciso dai bolscevichi nel 1937 a soli 55 anni”  e durante il pranzo sempre Alfredo mi diceva: “E’ solo attraverso l’esperienza di una bellezza che nasce l’unità; non attraverso i convegni. Inoltre Settimo è nata bizantina: è stato un “ritorno alle origini” come l’unità dei cristiani è un tornare alle origini, cioè a Cristo”.

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