Un passaggio bellissimo dalle meditazioni di Edith Stein:
Essere finito e Essere eterno
Il mio essere, per quanto riguarda il modo in cui lo trovo dato e per come vi ritrovo me stesso, è un essere inconsistente; io non sono da me, da me sono nulla, in ogni attimo mi trovo di fronte al nulla e devo ricevere in dono attimo per attimo nuovamente l’essere.
Di fronte all’innegabile realtà per cui il mio essere è fugace, prorogato, per così dire, di momento in momento e sempre esposto alla possibilità del nulla, sta l’altra realtà, altrettanto inconfutabile, che, nonostante questa fugacità io sono , e d’istante in istante sono conservato nell’essere e che io in questo mio essere fugace colgo alcunché di duraturo. So di essere conservato e per questo sono tranquillo e sicuro: non è la sicurezza dell’uomo che sta su un terreno solido per virtù propria, ma è la dolce, beata sicurezza del bambino sorretto da un braccio robusto, sicurezza, oggettivamente considerata, non meno ragionevole. O sarebbe “ragionevole” un bambino che vivesse con il timore che la madre lo lasciasse cadere?
Nel mio essere dunque mi incontro con un altro Essere, che non è il mio, ma che è il sostegno e il fondamento del mio essere, di per sé senza sostegno e senza fondamento.
Per due strade posso giungere a riconoscere l’essere eterno in questo fondamento del mio essere in cui mi incontro con me stesso; l’una è la via della fede quando Dio si rivela come l’Essente, il Creatore e il Conservatore e quando il Redentore ci dice: “Chi crede nel Figlio ha la vita eterna”; queste sono risposte chiare all’interrogativo concernente l’enigma del mio essere.
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