Mi hanno regalato un libro “Al cuore della fede” di J. Ratzinger che raccoglie una serie di pronunciamenti del’allora card. Ratzinger sulle questioni relative alla fede.
Apparentemente abbastanza arido, come lo sono spesso certi libri che affrontano la teologia.
Poi, apro a caso una pagina e vi trovo scritto proprio quanto mi frulla in mente quanto sto lentamente realizzando circa la sostanziale continuità tra Benedetto XVI d Francesco, come accennavo nella primissima reazione davanti al nuovo pontificato.
In questi giorni di continue sorprese sulla bellezza della vita cristiana mostrate da Colui che è il Vicario di Cristo, la convinzione che Papa Francesco è la “incarnazione” perfetta della dottrina teologica intuita da sempre da J. Ratzinger, si fa sempre più salda.
La conferma mi è venuta da quelle poche righe lette nel libro suindicato a pag. 79
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Per Giovanni essere cristiani vuol dire essere come il Figlio, diventare Figli, quindi non vivere fondandosi su se stessi e chiusi in se stessi, ma vivere invece, completamente aperti, nell””essere da” e nell'”essere per”. Per il cristiano, in quanto “cristiano”, ciò mantiene tutto il suo valore. E di fronte a tali affermazioni egli avvertirà sicuramente quanto poco sia cristiano.
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Dalle nostre considerazioni risulta evidente che l’unità cristiana è in primo luogo unione con Cristo, che diventa possibile quando cessa di rivendicare ciò che è proprio e al suo posto subentra, senza riserve, il puro “essere da” ed “essere con”
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Oggi non essere-una-cosa-sola, ogni separazione ha le sue radici in un’occulta mancanza di vero spirito cristiano, in un attaccamento ai propri interessi, da cui prende avvio la fine dell’unità.
In queste affermazioni è espresso chiaramente il succo della questione: per essere cristiani, occorre seguire Gesù Cristo che era insieme dal Padre e per tutti gli uomini. Se c’è questa somiglianza e unità con Gesù Cristo. è inevitabile che ci sia unità con tutti.
Quindi tutti i discorsi che si fanno sull’unità dei cristiani , sull’unità dei cattolici si infrangono davanti all’unica cosa che conta e lo garantisce: essere somigliantissimi al Figlio che era dal Padre e mandato per tutti gli uomini.
Poco dopo leggo il discorso di ieri di Papa Francesco (22 marzo 2013) al Corpo Diplomatico e ritrovo la stessa dottrina evidenziata in modo diverso ma sorprendentemente in continuità con il predecessore, certo a livello teorico (perché comunicava con gli ambasciatori) ma soprattutto con l’ esperienza evidentissima in ogni suo gesto, di uomo donato da Dio per ciascun uomo
“…c’è anche un’altra povertà! È la povertà spirituale dei nostri giorni, che riguarda gravemente anche i Paesi considerati più ricchi. È quanto il mio Predecessore, il caro e venerato Benedetto XVI, chiama la “dittatura del relativismo”, che lascia ognuno come misura di se stesso e mette in pericolo la convivenza tra gli uomini. E così giungo ad una seconda ragione del mio nome. Francesco d’Assisi ci dice: lavorate per edificare la pace! Ma non vi è vera pace senza verità! Non vi può essere pace vera se ciascuno è la misura di se stesso, se ciascuno può rivendicare sempre e solo il proprio diritto, senza curarsi allo stesso tempo del bene degli altri, di tutti, a partire dalla natura che accomuna ogni essere umano su questa terra.“