Ora la Mostra è a Sassari e tra una settimana sarà a Olbia.
Nel frattempo ecco una scheda che ho preparato:

A fine novembre del 2012 ha aperto i battenti in Sardegna “Videro e credettero – la bellezza e la gioia di essere cristiani”, Mostra voluta dalla CEI in occasione dell’anno della fede indetto da Benedetto XVI. La prima inaugurazione è stata a Settimo san Pietro, quindi è passata a Cagliari presso la Basilica di Bonaria, a Nuoro, Sassari, Olbia, Meana Sardo.
Si tratta di una serie di trentadue pannelli di notevoli dimensioni a forte impatto visivo che conquistano gli occhi e il cuore con immagini significative di artisti, cineasti, fotografi, affiancate da didascalie che ripropongono brani dal Magistero o brevi riflessioni di autori contemporanei.
L’impatto visivo è necessario in quanto, come è stato affermato, “la fede è un cammino dello sguardo”. Perché la fede non è un credere chiudendo gli occhi, ma è un credere che nasce dall’aver visto. Aver visto perché si è guardato con cuore desideroso, proprio come Pietro e Giovanni che corrono verso il sepolcro vuoto, desiderosi di avere la conferma della risurrezione del loro amico eccezionale, Gesù.
Con questa gigantografia si apre infatti la Mostra .
Ed è proprio lo sguardo penetrante o desideroso di capire , di vedere, di amare, di essere amati, perdonati, accolti, che caratterizza i personaggi raffigurati nei vari pannelli. Lo sguardo che rivela il desiderio e il cuore dell’uomo nell’umana avventura della scoperta del segreto della bellezza e della gioia di essere cristiani.
La Mostra è divisa in cinque sezioni.
La prima, intitolata “Il contesto – Voi siete i primi dei moderni” ripropone la inquietante analisi di Charles Peguy che constatava con desolazione “Per la prima volta dopo Gesù, noi abbiamo visto, sotto i nostri occhi, un nuovo mondo sorgere: un mondo, una società, dopo Gesù, senza Gesù” corredata da immagini significative sul terribile sconvolgimento antropologico del nostro tempo nel quale, come diceva nel secolo scorso Cornelio Fabro ,”Dio, se c’è, non c’entra”. E così, accanto ai fotogrammi del film Metropolis di Fritz Lang che nel 1926 già descriveva l’angoscia e la solitudine dell’uomo contemporaneo, vediamo, oltre a diverse altre immagini, la tristezza del violinista di Alvar Cawen che, con gli occhi fissi sul vuoto e con le mani intrecciate sopra le corde di un violino muto, ha perso anche il gusto della bellezza della musica, suprema espressione di armonia e di gioia
La seconda sezione è intitolata “L’antefatto: il cuore dell’uomo – “Ah! come colmarlo questo abisso della vita?” e si apre con un quadro di Edward Hopper, Mattina a Cape Cod che rappresenta una donna che, alla luce incerta del tramonto, volge lo sguardo verso l’orizzonte lontano alla ricerca di qualcosa o qualcuno che possa colmare l’infinito desiderio del suo cuore: “La sete d’infinito è presente nell’uomo in modo inestirpabile” dice Benedetto XVI perché l’uomo privato di tale orizzonte, presto o tardi , muore soffocato.
Ma in questo deserto di significato e di bellezza accade quanto è indicato nella terza sezione, Il fatto: Gesù di Nazaret – “Maestro dove abiti?” “Venite e vedrete” e assistiamo al Fatto sorprendente, imprevisto e imprevedibile di un Dio che si fa bambino e poi uomo per farci compagnia per sempre. Vi sono diversi pannelli con scene della vita di Gesù e alcuni miracoli da Lui compiuti raccontati dall’iconografia tradizionale o da fotogrammi del film “Il Vangelo secondo Matteo” di Pasolini; ma soprattutto bello è il pannello che rappresenta Il pagamento del tributo del Masaccio, caratterizzato anch’esso dagli sguardi, tra i quali profondo e sconvolgente è lo sguardo di Gesù. Quello sguardo che affascinerà l’adultera, la samaritana (rappresentate in successivi pannelli) e che propone la grande pretesa sul cuore dell’uomo: la pretesa di essere Lui, Gesù, al centro della nostra affezione.
La pretesa è grande però è una pretesa che si rivolge alla libertà dell’uomo che è sacra e che può essere ragionevolmente usata solo se segue la realtà, i fatti, come la guarigione del cieco nato che ha la semplicità di cuore di dire, davanti ai farisei accigliati, che prima non ci vedeva e ora ci vede. Ciò è documentato dalla quarta sezione, intitolata: “Il Riconoscimento: la libertà dell’uomo” i cui pannelli, ricchissimi, presentano anche la riproduzione del quadro del Tiziano, Gesù e il buon ladrone . In esso il buon ladrone compare sorprendentemente staccato già dalla croce cui era appeso, con tutto il corpo proteso e con lo sguardo fisso là dove Gesù lo aveva già accolto. Mentre Gesù rimane appeso in croce, col capo chino. Sempre in questo quarto settore della mostra c’è la gigantografia del bellissimo quadro di Lionello Spada, Il ritorno del figliol prodigo, con lo sguardo e l’espressione mortificata ma fiduciosa del giovane che si pente davanti al padre affettuoso e tenero.
La quinta sezione è intitolata “Gesù nostro contemporaneo” e propone da subito la Resurrezione del Beato Angelico in cui si può notare il felice contrasto tra lo sguardo costernato delle donne volto verso il basso al sepolcro vuoto e la solennità dell’angelo che indica loro che Cristo è risorto. Quasi a ricordare che anche noi non dobbiamo ripiegarci sul nostro limite, ma sollevare lo sguardo verso Colui che ha vinto anche la morte. E Cristo è risorto non per restare relegato in un episodio mitico del passato: se è risorto, è nostro contemporaneo, come lo è stato per gli innumerevoli santi le cui statue compaiono nel Portale del Portico della Gloria nella cattedrale di Santiago di Compostela e come lo è per gli uomini di ogni tempo. Lo testimoniano anche le immagini della suorina di Madre Teresa che solleva un povero o Gianna Beretta Molla che ha dato la vita pur di far nascere la sua bambina o Giovanni Paolo II affetto negli ultimi anni da quella gravissima malattia che l’ha indebolito ma non ha tolto la letizia al suo cuore.
L’ultimo pannello presenta Il Cristo benedicente del monastero di Santa Caterina del monte Sinai con una didascalia che merita di essere meditata. Si tratta di un passaggio conclusivo del “Dialogo dell’Anticristo” di Vladimir Soloviev, in cui l’imperatore dell’umanità, ormai totalmente assoggettata dal suo fascino e dal suo potere, si rivolge al piccolissimo gruppo di cristiani sopravvissuti che non hanno accettato di sottomettersi alla sue pretese: “L’imperatore si rivolse ai cristiani dicendo: “Strani uomini… ditemi voi stessi, o cristiani, abbandonati dalla maggioranza dei vostri capi e fratelli: che cosa avete di più caro nel cristianesimo?
Allora si alzò in piedi lo starets Giovanni e rispose con dolcezza: “Grande sovrano! Quello che abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso: Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui, poichè noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della divinità”
Quest’ultimo pannello, più grande degli altri, come il primo introduttivo, si conclude con la domanda che lo sguardo intenso di Gesù rivolge ancor oggi a ciascun uomo: “E tu, cosa hai di più caro?”
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lianna
/ dicembre 17, 2012…ti lascio un caro augurio di bene nell’attesa del SANTO NATALE.
Sereno ANNO NUOVO
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