“«Dio non fa nulla per caso» perché è la verità della realtà. Io penso che o questa è una frase valida solo per noi che ci crediamo oppure è un’evidenza schiacciante. E se è un’evidenza schiacciante non ho problemi a tirarla fuori di fronte a chiunque; invece se ho problemi a tirarla fuori è perché non è un’evidenza schiacciante. Il problema è che per me l’evidenza tante volte significa che deve essere qualcosa di automatico: se è evidente, deve essere qualcosa di automatico. E invece sto vedendo che io devo avere la possibilità di abituarmi a guardare l’evidenza.
Per esempio, al lavoro io faccio delle indagini al microscopio e mi affianca una ragazza che deve imparare; quando guardo alcune immagini, vedo delle cose, dei particolari, perché sono anni che guardo quelle immagini; per lei quelle cose non hanno significato, perché non le ha mai viste, quindi per lei quelle cose non sono un’evidenza, ma in realtà ci sono e io le vedo. La differenza è che io le vedo perché sono abituata a vederle, sono anni che le vedo, e quando gliele faccio notare diventano anche per lei un’evidenza. Quindi credo che per me il cammino più importante è avere qualcuno nella vita che mi permette di guardare le evidenze che ci sono, senza spaventarmi e senza aspettarmi di vederle automaticamente.
Si capisce questo? Cioè: non è che lei vede delle cose che non ci sono, che se le inventa e convince l’altra che ci sono. No, è quello che diceva il don Gius: vedeva certe cose che gli altri non vedevano, non perché non ci fossero, ma per colpa di una situazione culturale, di quella egemonia che ci impedisce di riconoscere tutta la portata del reale. Noi abbiamo usato un’altra frase per dire lo stesso: che noi non riconosciamo come presenza le cose presenti; per noi la presenza di certe cose non è una presenza, non è un’evidenza come il riconoscere: questo è un foglio bianco.
E allora, come dice lei, non ci manca il coraggio (perché uno non ha bisogno di alcun coraggio per dire che il foglio è bianco), ma la semplicità di dirlo. Quando è un’evidenza, quando è qualcosa che è palese – come quando uno dice il risultato della partita: «Ha vinto il Milan quattro a zero» –, non c’è qualche difficoltà, è un dato.
La questione è che avere questa familiarità con la realtà, non ridotta, non è una cosa automatica. Perché?
Perché tante volte, lo sappiamo benissimo, noi riduciamo; per questo, se non facciamo un percorso che ci abitui, che ci educhi (usiamo la parola giusta) a entrare nella totalità della realtà, noi la riduciamo”.
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