martedì 28 agosto 2012
Intervista de “il Sussidiario” a Giorgio La Spisa:
I minatori della Carbosulcis da domenica notte hanno occupato l’impianto di Nuraxi Figus e i pozzi la cui profondità arriva a ben 373 metri. Come annunciato da Stefano Meletti, sindacalista Uil, “la protesta va avanti, noi ci stiamo battendo per difendere la miniera e il nostro futuro”. Ilsussidiario.net ha intervistato Giorgio La Spisa, vicepresidente di Regione Sardegna.
La Spisa, quali sono le origini della tormentata vicenda della Carbosulcis?
Quella della Carbosulcis è una storia lunghissima, dare un giudizio affrettato in questo momento non sarebbe rispettoso della realtà. Si tratta di una vicenda che si inserisce nel polo industriale di quel territorio, caratterizzato da investimenti derivati da flussi finanziari esterni alla Sardegna, che hanno creato di fatto una monocultura industriale, prima mineraria e poi metallurgica. In questo momento si sta vivendo l’apice della crisi dell’industria mineraria e dell’industria metallurgica di base, che nel tempo non sono state supportate da un’adeguata politica industriale e soprattutto da una politica energetica da parte dello Stato italiano.
Veniamo all’attualità: lei è a favore o contro le proteste?
La mia risposta rispetto alla condivisione della protesta è che certamente condivido un giudizio negativo sul fatto che si lasci morire un tessuto produttivo e quindi anche un assetto occupazionale di migliaia di lavoratori, persone e famiglie. Tutto ciò senza avere tentato in questi anni di risolvere alla radice i problemi economici di questo territorio e soprattutto senza avere voluto chiarire fino in fondo se l’Italia intende avere una sua politica industriale ed energetica, adeguata a un grande Paese sviluppato.
Oltre al caso Carbosulcis c’è anche quello di Alcoa …
Oggi contemporaneamente abbiamo la crisi di un’industria che produce allumina, alluminio primario e di una miniera di carbone. Tutte queste tre grandi imprese danno lavoro a migliaia di dipendenti diretti, ma hanno creato nel tempo anche un indotto a valle che crea ulteriori posti di lavoro, la cui cessazione può davvero portare a una crisi sociale di dimensioni spaventose. Non si può quindi non manifestare solidarietà per le famiglie coinvolte in questo dramma. Parallelamente occorre però non cedere alla demagogia, bensì guardare in faccia alla realtà, e questo lo deve fare innanzitutto il governo italiano.
In che senso?
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