La consistenza delle cose non sta in quel che si vede e che passa, non sta nell’effimero, non sta nell’apparenza. L’apparenza è come l’inizio, l’indizio di una voragine, di un abisso senza fondo, che è il rapporto con l’Infinito, di cui il cuore è costituito; il cuore ama quel punto di apertura, il cuore sa che deve buttarsi fino in fondo lì dentro.
Quei momenti in cui ci sembrasse quasi evidente il contrario, i momenti in cui sembra come rsndersi evidente che l’apparenza sia la consistena, sono i momenti in cuui dobbiamo gridare di più a Dio: “Vieni presto, Signore, a liberarmi”, perché l’illusione che l’apparente sia il consistente è proprio il momento in cui la libertà dell’uomo viene ad essere soverchiata dalla melma, la melma arriva alla bocca e la soffoca. (…)
Noi non possiamo duire – partendo dalle apparenze – nessun aparola sicura. (..) Perciò in quei momenti in cui ci sembra che l’apparenza sia il consistente, noi dobbiamo fare una cosa, quella che fece Geremia (cfr.Ger.38) mentre veniva calato dentro, mentre era là a morire(a lui era chiaro che lì sarebbe morto): “Signore, vieni presto a liberarmi”
(L. Giussani, Ciò che abbiamo di più caro, BUR, pag 441 e ss)