Embrioni distrutti o strage di bambini?

Le coppie che desideravano un bambino saranno disposte ad accettare che “quello” era solo un ammasso di cellule informe e basta?

Da il Sussidiario una nuova riflessione che avvalora “il piano inclinato” su cui sto tiflettendo questi giorni:

EMBRIONI DISTRUTTI/ Un risarcimento per una terapia fallita o per una strage di bambini?

Strage di bambini al San Filippo Neri: 94 vittime, erano in terapia di sostegno vitale, per un guasto all’impianto sono morti tutti. Nessuno si è accorto che la sirena d’allarme suonava, perché il reparto era sotterraneo, tre piani sottoterra. Leggiamola così: immaginiamo le reazioni, i servizi tv che zoommano sulle bare bianche, tutte in fila, che raccontano le storie di quelle coppie di genitori, le dichiarazioni dei politici in lutto, lo Stato si costituirà parte civile, chi ha sbagliato pagherà, cose così non possono più succedere.E invece, si tratta soltanto di embrioni. So che anche psicologicamente c’è una differenza, che l’attacco è forte e apre alla battaglia in armi, tra quelli che hanno la “fissa” della bioetica, si pensa così, e quelli che pensano, ci sono già tanti problemi, occupiamoci dei vivi. Ma è qui che si gioca la partita decisiva per l’esistenza nostra e di una società. Qui che si sceglie da che parte stiamo, che ci si sradica da una cultura e un’antropologia che hanno fondato per duemila anni la nostra civiltà. Sarebbe bene che almeno questa decisione fosse consapevole e cosciente: non è così, perché, come ha spiegato recentemente il cardinal Bagnasco nella sua introduzione all’ultima assemblea dei vescovi, su un piano inclinato la pallina scivola pian piano, all’inizio, poi rotola giù senza poterla più fermare. Sul piano della difesa della vita, dal suo concepimento alla morte naturale, è già così: a furia di chiudere gli occhi, di stabilire differenze, di fingere comprensione per i casi singoli, trionfano gli opportunismi, le manipolazioni della scienza, che riducono la persona a pezzo di ricambio, un figlio a un diritto, la morte alla fine di una sofferenza o semplicemente al clic per spegnere una non vita.

Sempre i vescovi, a parlare. Che ne sanno loro, del desiderio di essere madri e padri, della fatica perché un essere si annidi nel ventre di una donna, e cominci a palpitare, per dare la gioia di essere figlio. Appunto. Non a tutti è data la salute, che sarebbe eccome un diritto. Non a tutti è dato un figlio, che sarebbe auspicabile, per cui si deve fare tutto il possibile, ma non è un diritto.

Quelle coppie private in modo così volgare e squallido dei loro embrioni congelati (osceno, sì, perché non c’è manco un po’ di liturgia drammatica, in una fine così), giustamente nella pena esigono un risarcimento danni. Che qualcuno sia almeno obbligato a fare ammenda, e questo preluda a maggior attenzione e sicurezza.   PAG. SUCC. >


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